Andiamo subito al sodo
Andiamo subito al sodo. Babbo Natale nell’epoca di twitter.
di Marina Machì*
Lo scorso dicembre,
con la collaborazione di Poste Italiane e delle scuole di Cosenza abbiamo
raccolto nelle cassette postali di Babbo Natale le richieste, i desideri e le
speranze dei bambini della città. Ho aperto e letto una ad una quelle letterine,
più di mille. Con la stessa impazienza dei bambini quando scartano i regali.
Vorrei rassicurare Catherine: “sai deve essere un po’ seccante leggere tutte queste lettere, vero?”. Non
so Babbo Natale, ma per quanto mi riguarda non lo è affatto, anche se qualche volta, scartando, ho provato una piccola delusione, la delusione
di trovare un giocattolo che avevo già: una sensazione di déjà vu, la
percezione che le parole fossero dettate dall’intento di conformarsi a ciò che
gli adulti di riferimento (maestre, genitori) vorrebbero sentirsi dire. I blà-blà
sulle guerre e la fame nel mondo, retrogusto fastidioso di luoghi comuni e di
buoni sentimenti obbligati, in una pericolosa convergenza con i coach e gli
improvvisati ghostwriter dei concorsi di bellezza. Così oggi risulta lampante, persino
in alcune porzioni di testualità della prima infanzia, quanto nel 1978 Michel
Foucault, con difficoltà e con sommo anticipo, provò ad articolare: che la
repressione non fosse più centrata sul divieto, che una microfisica del potere poggiava
su un nuovo regime discorsivo, su una incitazione al discorso. Ma sullo sfondo della
ripetizione del già detto e dell’ovvio, quasi sempre collegato ai grandi
problemi della terra, per fortuna irrompono guizzi, folgorazioni, perle di
umorismo e di saggezza, tracce di metacognitività. Colpisce l’uso dei post
scriptum, così demodé nell’epoca della scrittura digitale, che spesso hanno il
valore del lapsus. Lampi di verità che s’irradiano dai bordi del testo.
Ad esempio, Francesco Pio è meta-cognitivo, sa
che Babbo Natale non esiste, che è roba per fratellini più piccoli. Ma ciò che
il principio di realtà scaccia dal portone, con una bellissima contraddizione,
rientra dalla finestra in un post scriptum che è una richiesta di assunzione:
so che sei frutto della nostra immaginazione. Ma anche se sei un
personaggio della nostra fantasia credo sempre in te (...). So che i bambini
più piccoli come il mio fratellino, pensano che tu esista quindi ti prego
rendili felici come hai fatto sempre con me e porta loro tanti regali. Se io
fossi Babbo Natale renderei felici grandi e piccini. E se fossi il tuo
aiutante, farei un sacco di regali ai bambini poveri ed anche ai grandi (...).
PS se vuoi puoi assumermi come aiutante mi piacerebbe un sacco!
Pietro è realista, la sua sociologia è
perentoria. Riesce a conservare un registro colloquiale (“come stai? Io sto
così così”) in un tweet da meno di 140 caratteri:
Un’analoga stringatezza la si rintraccia nel telegramma di Alfredo:
Io prego Gesù Bambino
che porti qualche posto di lavoro ai disoccupati.
Anche l’immaginario di Giorgia è intriso di
realpolitik e quel desiderio di “stipendio più alto per pagare le tasse” parla
senza mezzi termini di crisi e di contagio familiare:
Caro Babbo Natale,(...) è la prima volta che ti scrivo con le mie mani,
avrei tante cose da dirti e vorrei tante cose da te. Desidero che il mio papà
abbia uno stipendio più alto per pagare le tasse, per comprarmi tutto ciò che
mi piace e accontentare tutti i bambini bisognosi che non hanno una famiglia
per poter festeggiare (...). Baci
Molte le testimonianze di vite familiari piene
di difficoltà:
Caro Babbo Natale, io sto bene. Per Natale vorrei andare a trovare a
papà perché e stato un po cattivo e vive in carcere però mi vuole bene. Con
mamma e i miei fratelli vorrei passare una bella giornata con papà. Ti saluto Micaela.
Mio padre non va bene con il lavoro e
a me e a mia madre ci fa anche preoccupare, Maria.
Manuel vuole andare all’università e chiede a
Babbo Natale una intercessione bonaria, di ”metterci una buona parola” da
adulto impratichito coi costumi meridionali, che convive splendidamente con un
excipit giocoso e più adeguato alla sua età:
Caro Babbo Natale, sono Manuel e, visto che ormai sono grande, sai che
fra un anno sarò alla scuola media, non ti chiederò dei giochi, ma che tutti i
bambini più piccoli o più poveri di me abbiano, loro, qualche gioco ma,
soprattutto, cibo e acqua in abbondanza. Vorrei anche avere sempre buoni voti e
così poter andare all'università; tu puoi metterci una buona parola con maestri
e professori? (...) Se mi ascolterai e fari in modo che i miei si avverino, ti
dirò: - Grazie tante, di vero cuore, grazie, grazie, grazie! Arrivederci Babbo,
oh, oh, oh !!!
Le letterine a Babbo Natale forniscono poi uno
spaccato multiculturale dei giovani cosentini:
Io voglio tanto conoscere i miei nonni che sono morti. Voglio che tu
mandi a papà un buon viaggio che torna in Ucraina.
Si tratta
di un sampling, di un compendio delle
forme del disagio sociale:
Ormai quando alla mattina ti svegli non senti più gli uccellini
cinguettare ma senti il litigio di un padre ed una madre davanti ai figli in
lacrime che ascoltano impotenti.
Oppure:
Vorrei un computer per
poter parlare con i componenti della mia famiglia che ancora non conosco.
Perché io sono un bambino in affido.
Ancora:
Provengo dalla Romania
ma sono italiana vorrei una casa come tutti una cameretta per me e mia sorella
e tanti giocattoli.
Ancora più angosciante: Il
mio papà torna tardi e io devo stare solo.
Lancinante
la richiesta di Anna Maria: mamma ha una
malattia che non si può guarire. Per me non ti preoccupare, non ti chiedo
nulla; e la nonchalance di Eduard: sono
un bambino non vedente, ti voglio chiedere di chiedere in giro nel mondo se
qualcuno mi può aiutare a vedere.
La lettera
di Rossella andrebbe girata subito a Slavoj Žižek, il filosofo “in difesa delle
cause perse”:
Caro Babbo Natale ti
scrivo perché vorrei dirti che questo mondo è sbagliato ma io lo vorrei
cambiare. Magari
insieme a quest’altra di grande pragmatismo:
Caro Babbo Natale, (…)
1.vorrei che che i poveri non esistessero sulla faccia della terra. 2. Vorrei
che ogni animale randagio abbia una casa dove vivere felice. 3. Vorrei che
abolissi l’euro.
Insomma, i
bambini di Cosenza, classe 2005/2006, tergiversano poco e vanno al dunque:
è molto difficile per
me chiedertelo, perché molti bambini nel mondo non possono avere niente.
Comunque il regalo che vorrei chiederti è una PSP nera. Claudia vuole in dono un telefono “così ti posso chiamare”, mentre Matteo
desidera le figurine della Champions league, considerato che “le figurine sono piccole e non ti occupano
tanto spazio così puoi portare i regali a tutti gli altri bambini”.
In una
tenera commistione di sacro e profano, Babbo Natale e Gesù Bambino vengono
spesso interrogati come figure del deus
absconditus. Mattia si domanda:
Caro Gesù, … visto che
tu da lassù vedi tutto, possibile che non ti sei accorto quanto è grave la
situazione? Perché non fai qualcosa tu che puoi?
Riccardo
ragiona allo stesso modo:
Caro Gesù Bambino, ti
vorrei dire che nel mondo ci sono bambini che muoiono di fame perché tu che
puoi aiutarli non lo fai?
Ancora più
radicali e dal tono minaccioso le “quattro chiacchiere” di Gianluca:
Caro Babbo Natale,
vorrei fare quattro chiacchiere con te perché voglio chiederti alcuni
chiarimenti: come mai, visto che sei così buono con tutti, tanti bambini non
ricevono nulla a Natale?
Molte lettere empatizzano poi con Babbo Natale:
immagino che sarai molto tempestato in questo periodo, nel leggere le
lettere di tutti i bambini, ti raccomando, non stancarti molto!
Bello il controcampo di Marco: Hai anche tu un desiderio? Perché sei tu
quello che porta i regali a noi, ma tu come vieni premiato da noi? E pure
quello di Giusy: “Non so se tu esisti,
perciò se esisti spediscimi una lettera e crederò alla tua esistenza”. Mirko
invece preferisce conversare amabilmente: “Ciao Babbo Natale. Come stai? Ma tu
quando non è Natale cosa fai?”.
Alessandro trova scortese fare un
elenco, “ma con gli anni le cose si sono
accumulate”. Se il desiderio di Ludovica
“è quello di avere un cane vero”, Pierfrancesco osa molta di più: vuole un
orso vero, lo vuole del polo Nord, e scandisce: “ bianco, tenero, elegante. / un orso buono non cattivo e né neutro”.
Sembra assolutamente pleonastico sottolinearne il valore poetico e che si sia
imposto come titolo.
In conclusione, i bambini twittano
senza saperlo. O forse siamo noi adulti che cifriamo i loro desideri col ritmo
del tweet. Questo libro è una macchina desiderante. I bimbi nonostante tutto cinguettano
e io me li bacerei tutti (questa frase conclusiva è di 103 caratteri, spazi
inclusi).
* (a quel tempo e per un breve periodo) Assessore alla
scuola, formazione della coscienza civica, città a misura di bambino e
cittadinanza attiva
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiElimina